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venerdì 6 maggio 2011


(Non?) Habemus Papam

Laura Cecilia Rizzo


Ho molto apprezzato l’intervento al titolo effettuato da Annarosa Mattei, il richiamo all’imperterrito Burtebly fa luce sulla posizione di un soggetto riguardo il linguaggio (Anna lo dice chiaramente nell’evocare l’ipotetico “preferirei di no” come sicuro rifiuto del mitico infans –senza parola- se venisse consultato nel suo voler entrare nel mondo dei sembianti (“se qualcuno le prospettasi la paura e la pena di vivere” vale a dire la perdita inaugurale, la scelta obbligata).

Reputo che il rifiuto sia in effetti il punto più enigmatico del film. Anche perché come dice Anna non si parla del Vaticano è quindi non è pensabile collocarlo nella storia dei Papi, come si potrebbe forse essere tentati a farlo, riguardo il Grande Rifiuto di Papa Celestino V.

Melville è una creatura eminentemente paradigmatica, non riconducibile alla realtà storica dei Papi. Mi associo a questo lucido invito di Anna.

Un altro paragone mi era venuto incontro uscendo da vedere questo stupendo film di Nanni Moretti, si tratta di un altro eccellente che ricorderete di sicuro: il film di Tom Hooper intitolato The King's Speech, Il Discorso del Re. In effetti, anche Hooper ci poneva di fronte al No. Di fronte al rifiuto della funzione a cui la Storia chiama soggetti destinati a farla, la Storia. Così come Alberto non vuole essere Re, Melville non vuole essere Papa. Ma, a differenza di Bertie ( futuro Giorgio VI) , che tramite la sua balbuzia rende impossibile il dare voce al Re - il quale sa di dover essere- il Papa Melville resta inerme di fronte all'impossibile- reale nomina. In effetti lui non dice No, la voce lo sovrasta. E' un urlo che lo lascia fuori campo finché non arriverà parola. Sarà alla ricerca di quella parola che si lancerà nei vicoli di Roma. Non prima di ascoltare pressoché infans il "famoso" psicoanalista che invece declinerà il suo compito per inviarlo dalla ex moglie, anche lei psicoanalista. In effetti, se il Re potrà fare del rifiuto un sintomo, con l’aiuto di uno eccentrico quanto singolare, ottimo logopedista, il Pontefice non sa cosa farsene di questo urlo. A proposito del divertentissimo psicoanalista interpretato da Nanni Moretti, possiamo ben cogliere che anche lui ha ceduto nel suo desiderio di fare l'allenatore di pallavolo. Purtroppo per la psicoanalisi, quel desiderio non si è mutato in quello di analista; ma niente da lamentare, lui riuscirà a rimettere in gioco niente meno che i deliziosi Cardinali con una memorabile partita mondiale di pallavolo, per molti la scena più riuscita del film. In ogni caso, l'analista allenatore potrà vivere la sua passione con grande bravura e non senza il fallimento al ritiro dei giocatori.

Così, per quanto riguarda il nostro perplesso Papa Melville, la parola si metterà in funzione negli incontri contingenti che lo aspettano dietro l'angolo nella suo piccola fuga. La venditrice di scarpe, il pasticciere, il passeggero sul tram, i teatranti. Tutti in posizione di docili "interlocutori" atti ad incarnare nella contingenza l'oggetto e fare posto al Soggetto qualunque, quello che Lacan insegna, può fungere da soggetto supposto al sapere inconscio. Ecco che vediamo venire fuori la sua grinta attaccando il furor curandis dell'altro in posizione di voler aiutarlo; la propria rabbia nel saper di non sapere cosa ha; la sua ricerca di un qualche sapere (mettendo alla prova la teoria- "fissa" della disperata e dolce analista) e finalmente il proprio desiderio, quello addormentato nel fallimento dell'attore che voleva essere e che finì eclissato nella bravura della sorella. In ogni caso, il suo sapere di aver ceduto quel posto risparmiandone il rischio, viene a galla. La scena nella scena del Il gabbiano di Checov funge come "istante di vedere" e da cornice all'angoscia. Sa di non osare, ecco la sua divisione. Da lì in poi inizia il rientro dalla fuga, che culminerà nel ritornare per indossare le vesti papali, rientrare nel personaggio e recitare la sua parte, questa volta in uso della parola.


Ecco perché rimane enigmatico il finale. E' un No a rispondere alla domanda di ciò che tutti si aspettano? E' un No ad incarnare l'Uno al posto del comando? ha capito Papa Melville che il nuovo ordine simbolico pone in crisi il fulcro dell'Ordine stesso e persino la Chiesa, esperta Simbolico, ne soffre, nel non sapere più come collocarsi per dare un senso e guidare le anime? E' un No che mentendo dice la verità? Ecco il prezioso dono del film di Moretti, finale aperto là dove si aspetterebbe l'ultima certezza.