“Agli analisti piace così tanto credere che la psicoanalisi sia
una questione d’amore, da
avere individuato una parola precisa per definirlo: transfert.
Alla stessa stregua in cui
credono che il summum dell’amore sia la madre, sono ben disposti a
identificarsi con
essa. [...] All’opposto, vi sono analisti che occupano una
posizione di neutralità con
l’obiettivo di ostacolare le manifestazioni del genio Eros.
Tuttavia, ciò che gli analisti non sono veramente disposti a
sopportare è il secondo genio
proposto da Freud, quello di Thanatos”. Questa citazione da
Introduzione alla clinica
lacaniana di J.-A. Miller, in
poche parole illumina il cammino del transfert da Freud a Lacan
includendo la pulsione di morte, esclusa dai post freudiani.
Miller parla di “genio della
morte” e se la ride, con Lacan, del genio degli psicoanalisti, che
conta ben poco, perché il
genio sta da un’altra parte: dal lato della psicoanalisi. Il
genius loci è lì, è nel
funzionamento minimo del dispositivo:
-l’associazione libera, l’invito a dire tutto ciò che si vuole
senza obbedire ad altra regola;!
-l’interpretazione da parte dell’analista;
-il transfert;
-la risposta particolare dell’analista a questo fenomeno, la sua
neutralità.
Una faccenda di pratica.
Eppure, a un certo punto il genio non rende, non funziona più come
prima: Resistenza!
Freud se ne accorge. Miller sottolinea che non si trattava e non
si tratta di curare il genio
dell’analista ma, ancora una volta, di far funzionare il genio
della psicoanalisi: il dispositivo
analitico. Il genio c’era già stato, era Freud, gli analisti
dovevano occuparsi di far
funzionare la sua invenzione: “un certo modo di mettere in atto
all’interno del fenomeno
del transfert la realtà dell’inconscio. In definitiva, il
dispositivo analitico non è altro che un
modo di riattivare l’inconscio”. Dicevo del cammino da Freud a
Lacan, aggiungo,
ovviamente, Miller il quale, non senza l’ultimo Lacan, prende
all’amo (La Psi 43/44) il
concetto di “inconscio reale” (J.L.Prefaz. ed. inglese Sem. XI) come risposta sintomatica
all’inconscio transferale che incontra il suo punto di intoppo per
via del corpo: Resistenza!
Si, ancora resistenza, ma se ne esce, se l’analista, visto che è
sempre della sua
resistenza che si tratta, non sarà arretrato di fronte
all’angoscia che vela la pulsione di
morte, per dirla con Lacan: il godimento ineliminabile che rende
il sapere opaco. L’atto
dell’analista prende appoggio da questa opacità che lo riguarda
per farne oro, causa, per
rimettere in atto la realtà dell’inconscio nell’epoca della
decadenza del simbolico e del
“reale senza legge”
Se qualcuno vuole agganciarsi qui con un’altra scheggia, faremo un
altro passo verso il 14
giugno...