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giovedì 5 maggio 2011


(Non) Habemus Papam

Annarosa Mattei


Il papa di Nanni Moretti si chiama Melville. Molti di noi ricordano la storia di Bartleby lo scrivano, l’impiegato che a ogni richiesta del suo capo ufficio oppone un inspiegabile e netto diniego: “Preferirei di no…” dice sempre Bartleby. “Che significa questa storia?” mi chiesi allora. Me lo chiedo ora di fronte alla storia raccontata con rara maestria da Nanni Moretti, che non può aver chiamato Melville il suo papa senza una ragione. Mi sembrano ottuse le reazioni immediate: il Vaticano si risente; i critici criticano; risibile la partita dei cardinali, dicono molti; deludente la seconda parte del film, dicono altri; la scena del teatro neanche a parlarne; e via di seguito. Quale aggettivo usare per questo tipo di lettura? naturalistica? realistica? Ma il discorso dell’arte non è sempre allegorico? come mai oggi ci sfugge ciò che ai tempi di Dante, di Melville, di Kafka era ovvio? Ma su questo torneremo perché è un tema assai interessante della nostra contemporaneità, talmente avvezza allo scorrimento veloce di immagini e suoni da saper procedere solo in orizzontale senza mai tentare la via dello scandaglio verticale. Il papa non è Ratzinger, i cardinali non sono veri (quelli veri non sono così buoni e inoffensivi..), il Vaticano non è il Vaticano: anche se tutto sembrerebbe essere quel che è, in realtà nulla è quel che è, nell’eterno teatro dell’essere e dell’apparire. Ogni cosa in realtà è qualcos’altro, che si scopre solo scavando. Il papa non è che l’eterno Bartleby lo scrivano, l’io a pezzi, perso in se stesso e nel mondo, la creatura umana che non ce la fa e che direbbe come lui “Preferirei di no..”, se solo qualcuno gli prospettasse alla nascita la paura e la pena del vivere. La storia di (non ) habemus papam, inquadrata tra le grandi braccia del porticato di San Pietro che cinge la piazza ricolma di genti di ogni parte del mondo, racconta il disorientamento globale di ogni uomo, all’interno e all’esterno di sé, la paura di non farcela, di non ritrovare la strada nell’assenza totale dei punti di riferimento. Abbiamo tutti paura, ma ha paura soprattutto chi viene investito di un carico di sovrasenso e che, invece di fare la sua parte e rassicurare quanti ci credono, interpreta al massimo grado l’angoscia da sperdimento: la Chiesa, che dovrebbe essere l’ipotesi di risposta al mondo confuso, non è più in grado di proporre il senso, l’orientamento; i cardinali non ce la fanno a “rimettersi in gioco”; il papa volge le spalle e non ce la fa a “recitare” la sua parte; lo psicoanalista non ce la fa a curare il sistema malato. “La vita è una malattia mortale ” direbbe Zeno Cosini, variante di Bartleby.