blog lavori in corso

domenica 22 maggio 2011

Diffusione

L'Istituto freudiano per la clinica la terapia e la scienza

INVITA
alla Conferenza

IL SOGGETTO CONTEMPORANEO E LA SALUTE MENTALE

il Venerdì 27 maggio ore 20.30
a Via Palestro, 23

Intervengono
Muoversi sul confine. Note sulla “nuda vita” tra umano e animale
Cristiana Cimino, Psichiatra, Psicoanalista SPI

Pensieri invasivi e gruppo dei curanti
Antonello Correale, Psichiatra, Psicoanalista SPI

Verso Il Primo Congresso Europeo di Psicoanalisi: PIPOL 5 -
Esiste la Salute mentale?
Antonio Di Ciaccia, Psicoanalista SLP e AMP, Presidente dell’Istituto freudiano

Coordina
Sergio Sabbatini Psicoanalista SLP e AMP, Docente dell’Istituto freudiano

Incontro gratuito - Prenotazione obbligatoria
Ingresso fino a esaurimento posti disponibili
Info e prenotazioni: Istituto freudiano - 066786703 - segreteria@istitutofreudiano.it

sabato 21 maggio 2011

Diffusione: Democrazia reale/ ELP Il foro di Madrid

II FORO: LO QUE LA EVALUACIÓN SILENCIA
Ciò che la valutazione tace
"Las Servidumbres Voluntarias"
Madrid, Sábado 11 de junio de 2011. Círculo de Bellas Artes



A-forismo
Paloma Blanco Díaz

“Pueblo manso, buen esclavo” Una de las consignas de los jóvenes integrantes del movimiento ciudadano “Democracia real ya”/ Una delle consegne dei giovani integranti del movimento cittadino "Democrazia reale già!
Più informazione http://www.elpais.com/articulo/madrid/Indignados/acampados/elpepiespmad/20110517elpmad_2/Tes
Sottoscrizione:
olga.monton.al@gmail.com <mailto:olga.monton.al@gmail.com

Sei invitato a visitare il nostro blog:
http://loqueevaluacionsilencia.blogspot.com/ <http://loqueevaluacionsilencia.blogspot.com/> e darci la tua amicizia in Facebook de Servidumbres Voluntarias.
Buona lettura!
(From elp-debates)

sabato 7 maggio 2011

Recensione Roma verso Catania

La Scuola lacaniana di psicoanalisi, Segreteria di Roma ospita nella splendida cornice della Casa Internazionale delle donne, un incontro preparatorio al Convegno Nazionale di Catania, che avrà luogo il prossimo 11 e 12 giugno col titolo: Modernità della psicoanalisi. Nella clinica, nella cultura, nel sociale. Apre i lavori la Presidente Paola Francesconi, disegnando il tratto che distingue la Scuola lacaniana di psicoanalisi del Campo freudiano, nella sua modalità di approccio a quello che ha chiamato una esperienza del reale: reintroduzione di ciò che la Medicina ha scartato nel suo passo alla scienza moderna; qualcosa che non rientra nella padronanza del linguaggio e che scardina l'omeostasi della realtà. La psicoanalisi, spiega Paola Francesconi indicando un testo di J. Lacan (pubblicato da La Psicoanalisi nel n. 32 ) dal titolo Psicoanalisi e medicina, ha il compito di reintrodurre quello che la scienza scarta. L'operazione si avvale di un sapere avvertito del suo statuto, quello di non poter tradurre tutto al significante, di cui solo una soluzione di ordine singolare ne risulta la conseguenza, caso per caso. Chi queste righe scrive, coordinatrice del tavolo, presenta, partendo dall'introduzione, i tre momenti che ne seguiranno, con i contributi dei membri e partecipanti alle attività della Segreteria di Roma.

Il primo momento riguarda la modernità della psicoanalisi nella clinica: dal gruppo all'équipe - con due testimonianze di che cosa significa l'emergenza del desiderio inedito prima di Freud e che Lacan chiama desiderio dell'analista. La tavola vede i contributi di Maria Rita Conrado, membro SLP, che propone: Dallo psicodramma al desiderio dell’analista: una testimonianza. E di Paola D'Amelio, membro SLP che propone: Lo schizzo. Maria Rita Conrado porta avanti la propria interrogazione, toccata nella molla della sua pratica nel gruppo di psicodramma, ci testimonia dell'incontro con la psicoanalisi, con l'analista, il controllo, le istituzioni del campo freudiano, e la conseguenza nella pratica clinica. Ella arriva a porsi una domanda che Lacan apre con effetti illuminanti nell'esordio del suo insegnamento: "Cosa vuol dire parlare", più precisamente, prendere la parola? che responsabilità suppone misurarsi con le sue conseguenze? Paola D'Amelio ci porta la sua esperienza dietro la richiesta della responsabile di un progetto Casa famiglia della ASL riguardo un Intervento di Assistenza domiciliare. Paola metterà in piede un’équipe su misura del soggetto che è la scommessa di questo intervento. C'è soggetto nella psicosi diceva J. Lacan alla psichiatria della sua epoca. Paola ne assume le conseguenze, nel trattare con il disagio di un giovane, scommettendo sulla sua interrogazione, riuscendo a fare spazio a quel soggetto che potrà così anticipare l'imminenza del fenomeno di cui è oggetto (Antonio Di Ciaccia, membro SLP, sottolinea un punto circa il titolo stesso, che indica la presenza di un fenomeno elementare).

Il secondo momento riguarda la modernità della psicoanalisi nel sociale: il discorso analitico nelle istituzioni. Laura Storti, membro SLP, propone: Appunti sulla valutazione, effetti nella soggettività contemporanea: la valutazione è il modello con cui questo testo fa i conti, i paradossi in cui s'imbattono i Servizi quando si tratta di misurare non un utente ma una persona, donne e minori in difficoltà, che Laura dimostra non essere assimilabili a nessun dato statistico. Anche qui la scommessa è il soggetto, tramite la possibilità di ascoltare l'opacità del sintomo. Monica Vacca, membro SLP, propone nella stessa direzione: Il discorso dell’analista tra normalità e (a)-normalità. Il testo di Monica dà la cornice concettuale all’esperienza di cui fa parte in un progetto "Contro il bullismo" nelle scuole. La sua è una riflessione per un trattamento possibile del disagio scolastico. La posizione da cui operare per non occludere la questione degli insegnanti, studenti, genitori, è di tener conto della a/norma. Anche in questa situazione, la valutazione mostra il suo ineluttabile rovescio.

Il terzo momento riguarda la modernità della psicoanalisi nella cultura: il discorso analitico nell'arte, la sua necessaria funzione di sintomo nella cultura. I testi sollevano la singolarità dell'atto dell'artista e la improprietà di ogni "applicazione" all'arte. Entrambi i contributi, dimostrano l'importanza di non tralasciare ciò che di reale abita il sembiante. Michele Bianchi, partecipante SLP, propone un testo molto articolato che riunisce l'arte, più precisamente il mito del movimento surrealista e la tesi sulla paranoia in Lacan. Ci parla di due incontri che appaiono come determinanti nell'insegnamento di Lacan: Dalì Lacan, Lacan Joyce. Michele Bianchi avverte un surrealismo sui generis, che anticipa la psicoanalisi, nel giovane spagnolo che molto impressionò Freud: Salvador Dalì. Annarosa Mattei, scrittrice, Docente di Lettere, fervida cultrice dell'atto di leggere e del saperlo trasmettere, assidua partecipante invitata alle attività della Segreteria di Roma, propone: (Non) Habemus Papam, riportandoci all’esperienza stessa del "saper leggere" nella trama del testo ciò che circola di reale a vari piani e che a nessuna realtà si può ridurre. Il suo blog ospita un dibattito sul film di Nanni Moretti di cui ci dà notizie e che accende un vivace dibattito nella sala (Carmelo Licitra Rosa, membro SLP, sottolinea l'interesse del film e solleva il suo effetto per la psicoanalisi). La mattinata di lavoro, spezzata da un caffè all'ombra dell’antica magnolia del cortile di questo segreto ambito cittadino, ha visto amici della Scuola, del Campo freudiano, delle associazioni della Casa Internazionale, allievi, docenti e operatori di settore, ma anche personalità della critica (Rocco Familiari), del teatro (Isabel Russinova), e soprattutto tanta voglia di ricreare un incontro in un clima di lavoro che si è potuto cogliere, propiziato dalla nostra Scuola del Campo freudiano, aperta alla città e ai problemi che in diversi campi ci trovano attivi.

per la Segreteria

Laura Rizzo

venerdì 6 maggio 2011


(Non?) Habemus Papam

Laura Cecilia Rizzo


Ho molto apprezzato l’intervento al titolo effettuato da Annarosa Mattei, il richiamo all’imperterrito Burtebly fa luce sulla posizione di un soggetto riguardo il linguaggio (Anna lo dice chiaramente nell’evocare l’ipotetico “preferirei di no” come sicuro rifiuto del mitico infans –senza parola- se venisse consultato nel suo voler entrare nel mondo dei sembianti (“se qualcuno le prospettasi la paura e la pena di vivere” vale a dire la perdita inaugurale, la scelta obbligata).

Reputo che il rifiuto sia in effetti il punto più enigmatico del film. Anche perché come dice Anna non si parla del Vaticano è quindi non è pensabile collocarlo nella storia dei Papi, come si potrebbe forse essere tentati a farlo, riguardo il Grande Rifiuto di Papa Celestino V.

Melville è una creatura eminentemente paradigmatica, non riconducibile alla realtà storica dei Papi. Mi associo a questo lucido invito di Anna.

Un altro paragone mi era venuto incontro uscendo da vedere questo stupendo film di Nanni Moretti, si tratta di un altro eccellente che ricorderete di sicuro: il film di Tom Hooper intitolato The King's Speech, Il Discorso del Re. In effetti, anche Hooper ci poneva di fronte al No. Di fronte al rifiuto della funzione a cui la Storia chiama soggetti destinati a farla, la Storia. Così come Alberto non vuole essere Re, Melville non vuole essere Papa. Ma, a differenza di Bertie ( futuro Giorgio VI) , che tramite la sua balbuzia rende impossibile il dare voce al Re - il quale sa di dover essere- il Papa Melville resta inerme di fronte all'impossibile- reale nomina. In effetti lui non dice No, la voce lo sovrasta. E' un urlo che lo lascia fuori campo finché non arriverà parola. Sarà alla ricerca di quella parola che si lancerà nei vicoli di Roma. Non prima di ascoltare pressoché infans il "famoso" psicoanalista che invece declinerà il suo compito per inviarlo dalla ex moglie, anche lei psicoanalista. In effetti, se il Re potrà fare del rifiuto un sintomo, con l’aiuto di uno eccentrico quanto singolare, ottimo logopedista, il Pontefice non sa cosa farsene di questo urlo. A proposito del divertentissimo psicoanalista interpretato da Nanni Moretti, possiamo ben cogliere che anche lui ha ceduto nel suo desiderio di fare l'allenatore di pallavolo. Purtroppo per la psicoanalisi, quel desiderio non si è mutato in quello di analista; ma niente da lamentare, lui riuscirà a rimettere in gioco niente meno che i deliziosi Cardinali con una memorabile partita mondiale di pallavolo, per molti la scena più riuscita del film. In ogni caso, l'analista allenatore potrà vivere la sua passione con grande bravura e non senza il fallimento al ritiro dei giocatori.

Così, per quanto riguarda il nostro perplesso Papa Melville, la parola si metterà in funzione negli incontri contingenti che lo aspettano dietro l'angolo nella suo piccola fuga. La venditrice di scarpe, il pasticciere, il passeggero sul tram, i teatranti. Tutti in posizione di docili "interlocutori" atti ad incarnare nella contingenza l'oggetto e fare posto al Soggetto qualunque, quello che Lacan insegna, può fungere da soggetto supposto al sapere inconscio. Ecco che vediamo venire fuori la sua grinta attaccando il furor curandis dell'altro in posizione di voler aiutarlo; la propria rabbia nel saper di non sapere cosa ha; la sua ricerca di un qualche sapere (mettendo alla prova la teoria- "fissa" della disperata e dolce analista) e finalmente il proprio desiderio, quello addormentato nel fallimento dell'attore che voleva essere e che finì eclissato nella bravura della sorella. In ogni caso, il suo sapere di aver ceduto quel posto risparmiandone il rischio, viene a galla. La scena nella scena del Il gabbiano di Checov funge come "istante di vedere" e da cornice all'angoscia. Sa di non osare, ecco la sua divisione. Da lì in poi inizia il rientro dalla fuga, che culminerà nel ritornare per indossare le vesti papali, rientrare nel personaggio e recitare la sua parte, questa volta in uso della parola.


Ecco perché rimane enigmatico il finale. E' un No a rispondere alla domanda di ciò che tutti si aspettano? E' un No ad incarnare l'Uno al posto del comando? ha capito Papa Melville che il nuovo ordine simbolico pone in crisi il fulcro dell'Ordine stesso e persino la Chiesa, esperta Simbolico, ne soffre, nel non sapere più come collocarsi per dare un senso e guidare le anime? E' un No che mentendo dice la verità? Ecco il prezioso dono del film di Moretti, finale aperto là dove si aspetterebbe l'ultima certezza.






giovedì 5 maggio 2011


(Non) Habemus Papam

Annarosa Mattei


Il papa di Nanni Moretti si chiama Melville. Molti di noi ricordano la storia di Bartleby lo scrivano, l’impiegato che a ogni richiesta del suo capo ufficio oppone un inspiegabile e netto diniego: “Preferirei di no…” dice sempre Bartleby. “Che significa questa storia?” mi chiesi allora. Me lo chiedo ora di fronte alla storia raccontata con rara maestria da Nanni Moretti, che non può aver chiamato Melville il suo papa senza una ragione. Mi sembrano ottuse le reazioni immediate: il Vaticano si risente; i critici criticano; risibile la partita dei cardinali, dicono molti; deludente la seconda parte del film, dicono altri; la scena del teatro neanche a parlarne; e via di seguito. Quale aggettivo usare per questo tipo di lettura? naturalistica? realistica? Ma il discorso dell’arte non è sempre allegorico? come mai oggi ci sfugge ciò che ai tempi di Dante, di Melville, di Kafka era ovvio? Ma su questo torneremo perché è un tema assai interessante della nostra contemporaneità, talmente avvezza allo scorrimento veloce di immagini e suoni da saper procedere solo in orizzontale senza mai tentare la via dello scandaglio verticale. Il papa non è Ratzinger, i cardinali non sono veri (quelli veri non sono così buoni e inoffensivi..), il Vaticano non è il Vaticano: anche se tutto sembrerebbe essere quel che è, in realtà nulla è quel che è, nell’eterno teatro dell’essere e dell’apparire. Ogni cosa in realtà è qualcos’altro, che si scopre solo scavando. Il papa non è che l’eterno Bartleby lo scrivano, l’io a pezzi, perso in se stesso e nel mondo, la creatura umana che non ce la fa e che direbbe come lui “Preferirei di no..”, se solo qualcuno gli prospettasse alla nascita la paura e la pena del vivere. La storia di (non ) habemus papam, inquadrata tra le grandi braccia del porticato di San Pietro che cinge la piazza ricolma di genti di ogni parte del mondo, racconta il disorientamento globale di ogni uomo, all’interno e all’esterno di sé, la paura di non farcela, di non ritrovare la strada nell’assenza totale dei punti di riferimento. Abbiamo tutti paura, ma ha paura soprattutto chi viene investito di un carico di sovrasenso e che, invece di fare la sua parte e rassicurare quanti ci credono, interpreta al massimo grado l’angoscia da sperdimento: la Chiesa, che dovrebbe essere l’ipotesi di risposta al mondo confuso, non è più in grado di proporre il senso, l’orientamento; i cardinali non ce la fanno a “rimettersi in gioco”; il papa volge le spalle e non ce la fa a “recitare” la sua parte; lo psicoanalista non ce la fa a curare il sistema malato. “La vita è una malattia mortale ” direbbe Zeno Cosini, variante di Bartleby.